Rinascere nel cuore dell’Europa

La Frauenkirche, dopo la ricostruzione, terminata nel 2005.

Vogliamo vederla da vicino questa “locomotiva tedesca”, che non è l’ultima motrice di Trenitalia per i suoi Eurocity, bensì l’espressione dentro la quale i politici nostrani annacquano l’imbarazzo nel raffrontare i nostri parametri economici ai loro. Per farlo è necessario venire sul posto, e scoprire che la Germania non è solo il Paese cui fare riferimento durante la crisi, ma anche un luogo in cui, andando al supermercato, scoprite curiosamente che con la stessa somma potete acquistare tanto una bottiglia d’acqua quanto due dvd vergini, mentre in Italia ci vogliono fino a cinque bottiglie d’acqua per coprire il pezzo di un singolo dvd. In compenso frutta e verdura si presentano quasi come beni di lusso, con un prezzo specifico che supera quasi sempre quello del prodotto di bandiera (insieme alla birra naturalmente): i Würstchen, o più banalmente würstel.

Ma Dresda, la città che ci ha accolti, o meglio l’intera Sassonia, di cui è capoluogo, non è come la ricca Baviera o il popoloso Nordrhein-Westfalen, ma al contrario è una regione devastata dal cielo prima – sanguinosamente bombardata dagli Alleati appena una settantina di giorni prima della nostra Liberazione -, e dalla terra poi, a causa di un regime che ha letteralmente fermato il tempo mentre poco più ad ovest esplodeva il futuro. Simbolo di tutto questo è la chiesa di Frauenkirche, ricostruita nel 2005 tale e quale a quella del 1743, crollata sul finire della guerra, e le cui macerie sono rimaste sotto gli occhi degli abitanti fino agli anni ’90. Oggi, quando passeggiamo per il vivace centro storico, niente farebbe pensare che questo bellissimo edificio altro non sia se non un simbolo che ha appena terminato di risorgere, in cui le pietre recuperate sono state ricollocate ove possibile – con precisione tutta tedesca – nell’esatta posizione precedente.

Nonostante tutto questo, abbiamo avuto modo di constatare come la città stia avendo la forza di riguadagnarsi il proprio benessere. Solo per fare qualche esempio, nel prendere domicilio ci sono state consegnate due borse ricolme di guide ai musei, cartine della città e dei mezzi pubblici, buoni omaggio per svariate manifestazioni, e molto altro ancora. Cosa che si è sostanzialmente replicata durante l’iscrizione all’università. Senza contare i libri nuovi e gratuiti, spediti direttamente a casa dalla Volkshochschule per impartire le lezioni di Lingua italiana. Tutti “eventi” che in Italia faticherebbero a verificarsi. Certo, i trasporti costano almeno il doppio rispetto a Torino ma, come si suol dire, non si può avere tutto.

Se il Novecento per gli italiani è stato sinonimo di laceranti espatri verso i ghetti americani o le miniere del Belgio, ben altra cosa è cominciare una nuova vita oggi, oltre le Alpi, in mezzo a qualche Trabant testimone di un recente ma superatissimo passato, in una delle città più verdi d’Europa.