Voglia di cambiare? Weisse Gasse

Dresda è una città ricca di locali, ce n’è veramente per tutti i gusti: pizzerie, ristoranti, cucina locale e cucina esotica. La prima cosa che avevo notato appena arrivata durante un giro alla scoperta del centro era una via, la Weisse Gasse, colma di locali di ogni genere! C’erano ben 18 locali uno a fianco all’altro: ristorante italiano, indiano, cinese, giapponese, vietnamita ecc.  Ho subito pensato che li avrei provati tutti!

Weisse Gasse

Ma andiamo con ordine…

1) Cuchi Lounge: sushi, cocktails & more

2) Försters: il ristorante moderno

3) No. 3: ristorante & bar

4) Capetown’s: chill & grill

5) Gänsedieb: cucina tradizionale

6) Gelato e Caffè: gelateria italiana

7) Tapas Barcelona: cucina spagnola

8) Steak Royal: casa della bistecca

9) Kinh Do: specialità del Vietnam

10) Rauschenbach Deli: caffè e ristorante

11) Aroma Restaurant: cucine di tutto il mondo

12) Mangoo: cocktailbar caraibico

13) La Osteria: pizza e pasta

14) Tex Mex Santa Fe: ristorante messicano

15) Mandarin: ristorante cinese

16) The Dubliner: pub irlandese

17) Agra: ristorante indiano

18) Café Central: bar & ristorante

Ve li consiglio tutti, si mangia davvero bene e non si spende molto! Io personalmente sono diventata una fan del ristorante indiano Agra, ma si mangia anche molto bene a La Osteria (tralasciando la grammatica…) e  al Tapas Barcelona!

Ah dimenticavo! In Germania, nel conto, non è mai compreso il coperto ed è quindi buon uso lasciare una mancia…di solito corrisponde circa al 10% del totale, ma è a vostra discrezione scegliere quanto lasciare! Allora che aspettate?? Buon appetito!

Dresdner Bergbahnen

La maniera migliore per godere di un bellissimo panorama sulla città di Dresda e sul bacino dell’Elba – che fino a poco tempo fa poteva vantare il titolo di patrimonio culturale dell’UNESCO – è quella di prendere una delle due Bergbahnen, ovvero la Schwebebahn o la Stanseilbahn.

La prima consiste in un’ampia cabina sospesa e trasportata in avanti per mezzo del binario che la sovrasta, così che si ha la sensazione quasi di galleggiare fino a destinazione (“schweben” significa per l’appunto “galleggiare” in tedesco).

La seconda viaggia invece su una più tradizionale coppia di rotaie, ma condivide con la Schwebebahn lo scopo di trasportare turisti e abitanti dresdesi ai quartieri più alti e più immersi nel verde dell’intera città.

Se sarete fortunati e sceglierete la giornata giusta potrete godere dello spettacolo di numerose mongolfiere che si innalzano sull’ampio specchio d’acqua che scorre verso il centro provenendo dalla Boemia, con il tramonto sullo sfondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una nuova e sorprendente quotidianità

Uno scorcio della città di Dresda.

La convivenza è sempre un passo in avanti – talvolta un rischio, addirittura un azzardo, ma in ogni caso sempre un approfondimento – all’interno della vita di coppia. Uno degli elementi più importanti nel determinare la riuscita o meno di questo processo evolutivo è certamente costituito dai fattori ambientali in cui esso si radica. Convivere in un monolocale in centro innesca meccanismi molto differenti dal farlo in una grande casa di campagna: mutano gli spazi, le dinamiche quotidiane, la redistribuzione dei compiti. E certamente convivere all’estero è per diversi aspetti molto diverso dal farlo in Italia. La prima sorpresa, in quel di Dresda, è stato scoprire che il subaffitto, che da noi il più delle volte è un escamotage in nero per studenti in cerca di un letto, in Germania è perfettamente lecito, regolamentato e largamente praticato. Siamo stati a vedere per la prima volta quella che sarebbe diventata casa nostra nella tarda primavera del 2011, dopo una lunga ricerca sul sito wg-gesucht.de (consigliatissimo!) e una fitta corrispondenza elettronica. Una doppia firma e tre mesi dopo, ci siamo insediati. Burocraticamente è stato tutto molto semplice: bastava comunicare all’ufficio competente il proprio nuovo indirizzo per essere ufficialmente cittadini dresdesi a tutti gli effetti, senza complicazioni di sorta, grazie al nostro status di cittadini della UE. Ricevute le borse con i gadget di benvenuto, è ufficialmente iniziata la nostra vita di coppia in quella stupenda città dimenticata dal sole.

Alcune differenze rispetto alla vita italiana si sono manifestate ben presto. Innanzitutto tra le utenze mancava quella del gas, essendo lassù ampiamente diffuse le piastre elettriche invece dei nostri tradizionali fornelli. Ma questo non era certamente un problema, quale è stato piuttosto un atto teoricamente molto semplice: gettare la spazzatura. Il piccolo condominio in cui vivevamo era provvisto di bidoni comuni nel giardino interno per ogni sorta di materiale (in Germania i cassonetti per la strada sono molto rari, dato che si predilige la raccolta porta a porta), ad eccezione del vetro, curiosa assenza in quell’ordinata differenziazione. I primi tempi abbiamo smaltito i nostri vasetti di senape di Bautzen vuoti“abusivamente”, in punta di piedi, nei bidoni del ricovero per anziani dall’altro lato della strada, prima di trovare i cassonetti per il vetro rispettivamente bianco, verde e marrone alcuni isolati più in là. Una volta limate questa e altre piccole novità gestionali nella conduzione del nostro nuovo nido sassone, il tutto si è svolto senza troppi problemi: anche là c’è chi non chiude la porta d’ingresso comune, chi tiene la musica alta fino a notte fonda, chi è un po’ troppo invadente negli spazi condivisi. E’ il prezzo da pagare per essere ormai troppi, e un po’ allo stretto, in questo mondo.

La percezione di essere diventati cittadini del quartiere ci è stata data dal venire ormai riconosciuti dal macellaio, dalla parrucchiera e dal gestore del negozio di telefonia, ma soprattutto dal ricevere a casa un invito a partecipare al referendum cittadino sulla possibile privatizzazione degli ospedali, ed è stato bello – in pieno inverno – imbacuccarsi per andare a esercitare, anche là, il nostro contributo alla democrazia. Ma il giorno in cui siamo diventati veramente cittadini di Dresda è stato quello in cui ci siamo sorpresi nell’apprendere che là è possibile aprire casa agli addetti alla lettura dei contatori senza ipotizzare come prima cosa che possano essere dei truffatori, realizzando che se da un lato casa propria è ovunque ci sia uno spazzolino, è altrettanto vero che è la forma mentis che ci suggeriscono i vari luoghi a determinare quale sia il suolo più propizio in cui seminare il proprio chicco per il futuro.

Luoghi sempre più comuni

Uno scorcio del Grosser Garten di Dresda.

Uno degli aspetti potenzialmente più fastidiosi del vivere all’estero è il venire a contatto con i pregiudizi ed i luoghi comuni più odiosi che, nel mondo intero, ci fanno da poco edificante biglietto da visita. Qui in Germania a dire il vero tale problematica si sente davvero molto poco (chissà se, oltrepassando il Fréjus invece che il Brennero, avremmo potuto dire altrettanto…). Eppure, anche qui, la lunga eco delle tradizioni più o meno lusinghiere del Bel Paese ha la sua risonanza all’interno della nostra vita quotidiana. Ad esempio ti può capitare di andare a fare un colloquio di lavoro presso un istituto linguistico, in cui ti spiegano che il loro metodo prevede di parlare agli allievi esclusivamente nella lingua di insegnamento, accompagnandola però con un abbondante gesticolare, “cosa che per Lei, in quanto italiano, certamente non sarà un problema”. Un sorriso sardonico, un pensiero impronunciabile, una teutonica stretta di mano, poi esci, vai a casa ed accendi la tv locale. E chi ti trovi davanti? Un tuo sedicente conterraneo, che si piega ad annusare un piatto di spaghetti (sicuramente stracotti) esclamando “Amore!”. Ma quale italiano lo farebbe mai? È come se Rai Uno ospitasse un tedesco che contempla l’indice dello spread affermando gongolante “Müller Thurgau!“. Eppure questo assurdo mélange di luoghi comuni funziona eccome, ed il messaggio evidentemente arriva, tant’è vero che quella marca di pasta qui in Sassonia viene copiosamente acquistata.

D’altra parte ci sono i luoghi comuni in positivo, che però il più delle volte sono quelli che accompagnano il nome della Germania in Italia, piuttosto che il contrario. Se da una parte un’idealizzazione della perfezione e del perfezionismo tedeschi sarebbe piuttosto lontana dalla realtà, è pur vero che oggettivamente abbiamo assistito a scene che ci hanno spinto a chiederci “Okay, dov’è la telecamera?”. Pensiline alla fermata dell’autobus che vengono ripulite con straccio ed olio di gomito, ed addetti che passano l’aspirapolvere in piazza, solo per fare qualche esempio. E poi, parola d’onore, non sappiamo come ma la radio nelle gallerie tedesche prende sempre, e non si spegne in un progressivo silenzio man mano che ci si addentra, per riconquistare un filo di voce non prima di intravedere l’uscita, come succede a tutti noi quando ad agosto saltiamo in auto verso la Liguria. Se il trucco c’è, non si vede. Adesso starà a noi conquistarci qualche luogo comune di cui essere fieri. Magari ricordandoci, nel caro vecchio Piemonte, di non dare del “marocchino” a tutti i commercianti di colore che incontriamo.